Il quartiere di Coverciano è sempre stato piuttosto silenzioso, soprattutto nei pressi di agosto quando tutti scappano al mare.
È il 2004, vivo in una casa popolare con i muri molto spessi, di quelli fatti in pietra e cemento, che non sai mai dove piantarci il chiodo e devi semplicemente provare con una martellata. Ma mi va bene, perché mi proteggono dall'afa irrespirabile di Firenze.
Ho tredici anni e gioco compulsivamente a Unreal Tournament 4 online. Un giorno mi iscrivo ad una delle chat più famose dell'epoca, una specie di città virtuale fatta di piazze, discoteche, pub, spiagge, ecc.
Passano i mesi e mi faccio tanti amici digitali, sto sempre nel pub. Un giorno vago per la città virtuale e trovo un annuncio molto nascosto: "Stiamo cercando i primi quattro moderatori della storia di questa chat. Candidati ora". Leggo che serve essere maggiorenni e io ho quattordici anni, quindi invio la mia candidatura a tempo perso, e passato qualche minuto, già me ne dimentico.
Dopo una settimana ricevo una telefonata: "Ciao Amir, chiamo dalla redazione di Milano della chat [x], siamo interessati alla tua candidatura". Il telefono, uno di quei mattoni che ti regala la Tre quando fai un abbonamento, tutto a un tratto risulta pesante, l'orecchio destro inizia a sudare, la gola si blocca. "Certo, mi dica" rispondo dopo un paio di secondi con il tono più basso che posso.
Non mi chiedono nessun documento, mi hanno preso. Adesso sono uno dei primi quattro moderatori della storia di una chat che conta novemila utenti univoci al giorno. Il mio nickname si colora di arancione, contro un manto di nickname bianchi — nel gergo popolare vengo chiamato "arancino".
È buffo pensare che questa stupida etichetta mi cambierà la vita per sempre. Infatti il caso vuole che io abbia già costruito un forum a tema "pub", legato alla chat, dove tre o quattro persone (del pub) scrivono miseramente ogni tanto.
È passato un mese nelle vesti di "arancino", ormai mi conoscono tutti; sulla barra sinistra ho i bottoni "Disconnetti" e "Zittisci". Qualcuno sta hackerando la chat, un bot invia a ripetizione messaggi dove mi insulta, non riesco nemmeno a disconnetterlo, devo chiamare gli admin di Milano.
Ho quattordici anni, la popolarità in chat porta il mio forum alle stelle, non è tra i più popolari ma lo è abbastanza da farmi sentire speciale. Decido quindi di disinstallare Unreal Tournament e dedicarmi a imparare davvero l'HTML, quindi sviluppo il primo sito, chiaramente a tema "pub". Da quando lo pubblico il sito fa mille visite a settimana. Non ci sono dubbi: il mio futuro è su internet.
In quello stesso anno mi reco spesso alla libreria Feltrinelli di Firenze, e passo i pomeriggi a leggere libri di programmazione, seduto su uno di quegli sgabelli che in realtà servono a raggiungere i libri più in alto. Non ci capisco niente, la programmazione vera e propria non è come l'HTML... nonostante ciò torno sempre tra quei corridoi stretti, in quel silenzio sgranocchiato solo da una radio lontana. Dopo mesi riesco a mettere dei soldi da parte per comprare un mattone della O'Reilly, "Learning Python" di Mark Lutz. Continuo a leggerlo a casa per un anno, non ci capisco niente.
Finalmente approdo all'Istituto Tecnico a indirizzo "matematico-informatico". La scuola mi insegna a programmare in Bash, Assembler, Java, C, C++, Python, e poi divento davvero bravo con i siti web, ma quello per conto mio.
A quindici anni collaboro con un programmatore di Milano e chiudo due commissioni. Ci faccio qualcosa come seicento euro che per me sono tantissimi, ricordo che ci comprai un giubbotto all'outlet di Barberino e delle scarpe nuove. Nel frattempo mi unisco a un gruppo hacker di nome KUHT, scrivo codice per un cms di nome e107 e contribuisco alla documentazione wiki di Ubuntu Italia.
Poi il tecnico di laboratorio nota il mio portfolio e mi fa assumere in un'azienda di web marketing dove lavoro per otto mesi: la mattina vado a scuola, il pomeriggio in ufficio. Da qui in poi è tutto un po' "in salita", fino ad oggi, ma anche con tanti momenti di crisi e con la vita che ti prende a schiaffi.
Oggi ho 34 anni, Morning Tech è una cosa che curo come quei tibetani che disegnano pazientemente il mandala ogni giorno con la sabbia. Voglio che diventi un'azienda, ma prima ancora una piccola opera d'arte. Penso che a molti imprenditori manchi quest'aspetto: l'espressione di sé prima ancora dei soldi, ma magari ne parliamo un'altra volta.
Nel frattempo, buona lettura!
Ps. Ancora oggi tornare alla Feltrinelli di Firenze e recarmi in un piccolo angolo nascosto, mi suscita un sentimento di calore e di giocosa curiosità intellettuale.