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Ma un telefono Made in Italy?

Assolutamente no, e nemmeno "Made in Europe".

Ci sono stati dei tentativi: Stonex One, 2015, progettava in Italia ma assemblava con componenti asiatici. NGM, azienda toscana, stessa cosa; Olivetti ha provato a entrare nel mercato dei tablet con OliPad, ma anche il gigante delle macchine da scrivere ha chiesto una mano all'Asia.

Tutti hanno bisogno dell'Asia. In una recente intervista Tim Cook ha detto "I costi della forza lavoro in Cina non sono più competitivi da tempo. Noi ci appoggiamo alla Cina per le loro competenze".

Sembra una frase fatta per difendersi in un momento di inquisizione, ma facendo una ricerca approfondita risulta essere tra le prime motivazioni per molti, anche per gli esperti.

In questi mesi ha fatto parlare molto il telefono d'oro di Trump: un nuovo tipo di sogno americano, quello del "Made in USA", che è stato il punto nevralgico della campagna pubblicitaria del Trump Mobile.

Il problema è che la testata The Verge qualche giorno fa si è accorta che dal sito del cellulare dorato erano sparite tutte le diciture relative al "Made in USA", sostituite con espressioni come "Con mani americani dietro ogni dispositivo" o "Progettato con valori americani in mente".

Ma è possibile un telefono made in Italy? No.

E uno made in Europe? No.

Made in USA? Forse, ma non quello di Trump.

Esperti di supply chain hanno presto ipotizzato che il Trump T1 fosse in realtà un dispositivo progettato e fabbricato in Cina e semplicemente ribrandizzato per il mercato americano. In particolare, sono stati individuati due modelli "gemelli" venduti in Asia con caratteristiche pressoché identiche.

Ma un'azienda statunitense che sta cercando di fare tutta in casa c'è: si tratta di Purism, una piccola società californiana specializzata in dispositivi per la sicurezza e privacy, che produce il Liberty Phone. Questo telefono “libero” viene fabbricato negli Stati Uniti e utilizza quasi esclusivamente componenti di origine nazionale.

Realizzare uno smartphone fuori dalla Cina quindi è tecnicamente fattibile – ma solo accettando sostanziali compromessi su prezzo e prestazioni. Il Liberty Phone infatti costa ben 1.999 dollari (circa quattro volte un iPhone base), a fronte di specifiche hardware modeste rispetto ai normali telefoni di pari prezzo.

Per contenere la filiera entro i confini USA, Purism ha dovuto rinunciare al sistema operativo Android (sostituito da un proprio OS Linux con funzioni limitate) e lavorare con fornitori locali anche meno avanzati. Ad esempio la scheda madre del Liberty Phone è prodotta nello stabilimento Purism in California e il chip principale proviene da una fabbrica NXP in Texas; l’assemblaggio finale è svolto sempre negli Stati Uniti. Tuttavia, nemmeno Purism riesce a fare tutto “in casa”: lo schermo touch deve essere importato dalla Corea del Sud e la batteria dalla Cina, perché non esiste una produzione equivalente sul suolo americano.

Un precedente degno di nota è il Motorola che Google provò a produrre interamente negli Stati Uniti: il progetto venne chiuso poco dopo nel 2014 perché i costi di gestione erano troppo alti e le vendite del Moto X troppo scarse per giustificare tutto.

La Cina ha il totale dominio della filiera produttiva e dell'assemblaggio di massa. A seguire c'è la Corea del Sud che si distingue per i display OLED e le memorie, mentre Taiwan è la regina indiscussa dei semiconduttori.

L'intero mondo si è appoggiato su questi paesi pensando di sfruttarli, adesso questi paesi hanno il coltello dalla parte del manico e gli esperti dicono che per pareggiare la loro forza di produzione, i loro talenti e le loro infrastrutture possono servire anche decenni.

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