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Perché sono tutti emozionati per il nuovo redesign di Apple?

Quando il design va molto oltre lo stile.

Crediti: 9to5mac

Se hai avuto un iPhone o un Mac prima del 2013 forse ricordi un'agenda di pelle con piccole cuciture, un tavolo da poker in feltro verde o una libreria in legno. Magari non lo sai, ma quelli erano gli anni dello skeuomorfismo, firmati dal capo di iOS Scott Forstall, sotto la supervisione di Steve Jobs.

Oggi quell'approccio sembra banale, non ci rappresenta più. Perché riportare così tanti dettagli e dare un senso di realtà a qualcosa che reale non è? Perché simulare il mondo fisico quando invece vogliamo amplificarlo con valori ed esperienze nuove?

Oggi, i nostri schermi sono minimali, usabili, puliti e piatti. Ma come siamo arrivati qui? Ripercorriamo le tappe che ci hanno portato dal design skeuomorfico a quello che Apple annuncerà fra pochi giorni al WWDC 2025, considerata una delle rivoluzioni più grandi degli ultimi 12 anni.

Capitolo 1: addestriamo l'umanità

All'alba degli smartphone, toccare uno schermo di vetro era un gesto quasi fantascientifico. Apple, guidata dalla visione di Steve Jobs e del suo capo di iOS, Scott Forstall, capì che per rendere questa nuova tecnologia amichevole e accessibile, doveva assomigliare al mondo che già conoscevamo. Nacque così lo scheumorfismo: il digitale che imita il reale.

Ogni icona, ogni menu era un richiamo al mondo fisico. L'app Note era un blocco note giallo a righe, l'app iBooks uno scaffale di legno. Non era un vezzo estetico, ma una strategia per abituare gli utenti a questo nuovo computer portatile: "Se sembra un bottone, allora devo premerlo", "Se questa agenda è in pelle con segnaposti, posso usarla al posto della mia reale agenda".

Tuttavia, all'interno di Apple, un'altra filosofia ribolliva sotto la superficie. Jony Ive, il maestro visionario del design minimalista che aveva regalato l'iMac e l'iPod al mondo, non apprezzava l'approccio tridimensionale e simulativo. Piano piano si fece spazio una silenziosa battaglia di stile: da una parte la ricchezza tattile di Forstall, dall'altra la visione essenziale di Ive. La scomparsa di Jobs nel 2011 lasciò campo aperto allo scontro. Il punto di svolta arrivò nel 2012: dopo il flop di Mappe Apple, Forstall lasciò l'azienda e Jony Ive prese il controllo totale del design, software incluso. Uno dei designer più talentuosi della storia aveva ora carta bianca.

Capitolo 2: siamo pronti

Giugno 2013, il WWDC esplode di attesa e attenzione — l'impronta di Jobs riecheggia ancora e le persone sentono di far parte di un cambiamento.

Sul palco, un video di Jony Ive svela iOS 7: addio pelle, legno, feltro e cuciture. Al loro posto, un'esplosione di colore, gradienti vibranti e una semplicità quasi bidimensionale. Le icone diventano stilizzate, la tipografia sottile ed elegante. Apple ha spazzato via il passato; l'umanità è pronta. Un singolo designer aveva deciso i prossimi dieci anni di design delle interfacce utente.

Le reazioni iniziali furono un misto di stupore ed entusiasmo, ma anche di critiche. Alcuni trovarono i nuovi colori troppo accesi, quasi "cartoonish". Ma Ive non aveva creato semplicemente un design piatto. Introdusse livelli di profondità sottili e intelligenti: pannelli di vetro smerigliato semitrasparente che lasciavano intravedere lo sfondo e un effetto parallasse che faceva fluttuare le icone, dando un senso di spazio senza ricorrere a finte ombre.

Apple aveva eliminato lo scheumorfismo, ma non la tridimensionalità, ottenendola con mezzi nuovi e moderni. Ive non stava solo ridisegnando un sistema operativo; stava dettando la linea estetica per il decennio a venire, rendendo immediatamente obsoleto tutto ciò che era venuto prima. L'umanità era ufficialmente cresciuta: non avevamo più bisogno di rotelle disegnate sullo schermo per capire come usare un'interfaccia.

Capitolo 3: oltre il design

Dopo lo scossone iniziale, il flat design matura progressivamente. Negli anni successivi, Apple reintroduce con cautela elementi di profondità: ombre leggere ed effetti di sfocatura più sofisticati. Anche macOS, che un tempo vantava pulsanti "così belli che vi verrà voglia di leccarli" (parole di Steve Jobs sull'interfaccia Aqua), abbandona i riflessi gelatinosi per abbracciare la nuova estetica minimalista, unificando l'esperienza su tutti i dispositivi.

Ora guardiamo al WWDC 2025. Non sappiamo ancora cosa ci aspetta, ma alcuni leak che fanno riferimento alla Dynamic Island dell'iPhone o l'interfaccia di Vision Pro indicano una nuova direzione: non imitare materiali statici, ma simulare la fisica della luce e del vetro.

È l'alba di un'interfaccia fatta di elementi che sembrano "vetro vivo": superfici traslucide che riflettono la luce ambientale, proiettano ombre realistiche e si comportano come oggetti fisici nello spazio. Con Vision Pro, Apple ha portato questa filosofia alla sua massima espressione, creando finestre che fluttuano nel nostro ambiente reale. È una sorta di "skeuomorfismo 2.0", dove il realismo non è nell'aspetto, ma nel comportamento.

Il design come linguaggio

Ripercorrendo questa evoluzione comprendiamo che per Apple il design non è solo estetica, ma il linguaggio con cui racconta la sua visione della tecnologia.

Lo skeuomorfismo ha reso la tecnologia accessibile e amichevole. Il flat design ha segnato la maturità digitale, celebrando chiarezza ed essenzialità. La nuova era del "vetro vivo" immagina una tecnologia così integrata nel nostro mondo da diventare quasi invisibile, spaziale e immersiva.

Da un calendario di pelle a finestre fluttuanti nelle nostre stanze, il viaggio del design Apple racconta come la tecnologia impari a comunicare con noi in modi sempre nuovi. E mentre attendiamo di vedere cosa riserverà il futuro, una certezza rimane: sarà il design a raccontarci il prossimo capitolo.

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