Warner Bros. Discovery è uno di quei colossi che sembrano troppo grandi per essere davvero in vendita. È l’eredità di un secolo di cultura pop: Harry Potter, Il Signore degli Anelli, Batman, Superman, Joker, i Looney Tunes, Cartoon Network, CNN, HBO con le sue serie “premium” come Game of Thrones, The Last of Us, The White Lotus, Succession. È uno studio capace di portare in sala Barbie da oltre un miliardo di dollari e allo stesso tempo una macchina televisiva che va dagli show factual di Discovery alle breaking news globali di CNN. Un impero che tocca cinema, TV, streaming, informazione, animazione e sport, con una libreria di contenuti fra le più vaste e pregiate al mondo. Un pezzo fondamentale, vale a dire, dell’immaginario collettivo, una fetta imponente di tutto ciò che Hollywood ha saputo costruire ad oggi.
Ma Warner Bros. Discovery è un monopolio? A dire il vero, un monopolio esiste quando un’azienda controlla un mercato senza concorrenza efficace e può alzare i prezzi senza temere fughe degli utenti. Negli Stati Uniti si considera un segnale di monopolio quando un player supera il 70% di un mercato rilevante o quando ha la possibilità pratica di impedire l’ingresso di nuovi concorrenti — Google, Apple e Meta sono alla continua mercé di queste accuse. WBD non rientra in questa definizione: domina porzioni significative dell’intrattenimento, ma in ogni segmento affronta avversari pesanti. Nello streaming combatte contro Netflix (che infatti la vuole acquisire), Disney+, Amazon e Apple; nel cinema contro Disney, Universal, Paramount (altro potenziale acquirente), Sony; nelle news contro MSNBC, Fox News e decine di testate digitali; nell’animazione lotta contro Disney e una galassia di studi globali. Più che un monopolio, Warner è un conglomerato complesso che eccelle in alcuni campi, vacilla in altri e convive con una serie di problemi di cui parleremo a breve.